Morte dell’ex coniuge prima del giudicato sull’assegno di divorzio: per la pensione di reversibilità bastano i provvedimenti provvisori presidenziali?

Lo ha ricordato la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 25, pubblicata il 28 gennaio 2022.
L’ex coniuge muore prima che venga determinato l’assegno: escluso il diritto alla pensione di reversibilità? La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale degli artt. 9 e 12-bis l. n. 898/1970 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) e dell’art. 5 l. n. 263/2005 (Interventi correttivi alle modifiche in materia processuale civile introdotte con il d.l. n. 35/2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80/2005, nonché ulteriori modifiche al codice di procedura civile e alle relative disposizioni di attuazione, al regolamento di cui al regio decreto n. 642/1907, al codice civile, alla l. n. 53/1994, e disposizioni in tema di diritto alla pensione di reversibilità del coniuge divorziato), nella parte in cui non prevedono, ai fini della corresponsione della pensione di reversibilità e di una quota dell’indennità di fine rapporto, che il requisito della titolarità dell’assegno divorzile, in caso di morte dell’obbligato intervenuta successivamente a una sentenza parziale di divorzio, ma prima della definitiva determinazione dell’assegno, sussista anche in presenza di provvedimenti provvisori presidenziali che riconoscano provvidenze economiche all’ex coniuge.
Il caso. Il coniuge divorziato aveva agito in giudizio chiedendo la determinazione della quota di pensione di reversibilità nonché della quota di trattamento di fine rapporto di sua spettanza. Entrambe le richieste venivano respinte in ragione della non titolarità, in capo alla ricorrente, di un assegno di divorzio, atteso che il divorzio era stato pronunciato con sentenza parziale, con riserva di esaminare nel prosieguo le questioni di carattere economico e il relativo giudizio si era però concluso, in conseguenza della morte del coniuge in corso di causa, con una pronuncia di cessazione della materia del contendere, non impugnata e, pertanto, divenuta irrevocabile.
La ricorrente proponeva reclamo, motivando la mancata impugnazione della sentenza di cessazione della materia del contendere con l’orientamento costante della giurisprudenza di legittimità volto a ravvisare, in caso di morte di uno dei coniugi in pendenza del giudizio di separazione o divorzio, la cessazione della materia del contendere e che, pertanto, la parte reclamante non aveva potuto impugnare la conforme sentenza emessa dal Tribunale, impedendo che la stessa divenisse irrevocabile.
La ricorrente, quindi, reclamava il suo diritto alla pensione di reversibilità e ad una quota di indennità di fine rapporto, in ragione dell’assegno di divorzio percepito, sino alla scomparsa dell’ex coniuge, in virtù di provvedimenti provvisori del Presidente del Tribunale, invocando, in caso di rigetto della sua domanda, la violazione dei principi costituzionali relativi al divieto di disparità di trattamento.
Le censure del giudice a quo. Per il rimettente, il quadro normativo vigente impedirebbe di riconoscere alla reclamante nel giudizio principale il diritto alla pensione di reversibilità e alla quota di indennità di fine rapporto, in mancanza della sentenza che accerta il diritto all’assegno di divorzio ai sensi dell’art. 5 della l. n. 898/1970. Tale presupposto difetterebbe, nel caso di specie, in presenza di un assegno riconosciuto in via meramente provvisoria con provvedimento del Presidente del tribunale, il che – secondo il rimettente – evidenzierebbe un vulnus costituzionale.
In particolare, la disciplina censurata contrasterebbe con l’art. 2 Cost. nella misura in cui subordina la funzione solidaristica della pensione di reversibilità alla sussistenza di presupposti meramente formali. Inoltre, sussisterebbe anche una violazione dell’art. 3 Cost., per irragionevole disparità di trattamento fra chi versi nella situazione della parte reclamante nel giudizio principale, ossia l’essere già divorziato, ma non ancora titolare di assegno di divorzio, e chi abbia già ottenuto una sentenza di divorzio o, viceversa, chi non l’abbia ottenuta e goda ancora delle tutele coniugali. In altri termini, ricorrerebbe una disparità di trattamento tra chi abbia già conseguito una sentenza relativa all’assegno di divorzio non passata in giudicato e, quindi, suscettibile di essere travolta e chi abbia ottenuto un mero provvedimento presidenziale che abbia riconosciuto in via provvisoria un assegno.
La Consulta ricorda il quadro normativo. Secondo l’art. 9, comma 2, l. n. 898/1970, il diritto alla pensione di reversibilità scaturisce, insieme con altri presupposti, dalla titolarità del diritto all’assegno di divorzio. Quest’ultimo, a sua volta, è giustificato da ragioni assistenziali e compensativo-perequative, che coniugano, nei rapporti orizzontali, la solidarietà con l’esigenza di riequilibrare gli effetti delle scelte condivise nello svolgimento della vita coniugale. In virtù di tale presupposto, anche il diritto alla pensione di reversibilità rispecchia, sul piano assiologico, una funzione solidaristica (cfr. Corte Cost., n. 419/1999, n. 286/1987 e n. 7/1980), che sottende, al contempo, istanze perequativo-compensative.
Analogamente, ai sensi dell’art. 12-bis, comma 1, l. n. 898/1970, la pretesa di una quota dell’indennità di fine rapporto dipende, fra l’altro, dalla titolarità dell’assegno divorzile ed è giustificata dalla prevalente funzione perequativo-compensativa. I diritti alla pensione di reversibilità e ad una quota di indennità di fine rapporto svolgono, in sostanza, funzioni che, nei rapporti orizzontali tra ex coniugi, riflettono istanze di rilievo costituzionale, che attengono alla solidarietà e all’effettività del principio di eguaglianza.
Al fine di evitare che, nell’ambito di processi relativi a pretese previdenziali, coinvolgenti gli enti obbligati a tali prestazioni, possano porsi, tramite accertamenti incidenter tantum, questioni inerenti alla spettanza in astratto del diritto all’assegno di divorzio, l’art. 5 l. n. 263/2005, disposizione di interpretazione autentica, ha previsto che per “titolarità dell’assegno” deve intendersi l’avvenuto riconoscimento dell’assegno medesimo da parte del tribunale ai sensi dell’art. 5 l. n. 898/1970.
Morte dell’ex coniuge quando l’assegno di divorzio non è ancora definitivo: la parola alle Sezioni Unite. Escluso, dunque, dal legislatore l’accertamento incidenter tantum, si pone il problema delle ipotesi in cui l’ex coniuge muoia in pendenza del giudizio che deve ancora definire il diritto all’assegno di divorzio. In tali casi, la prosecuzione del processo serve a far valere il diritto alle prestazioni inerenti all’assegno di divorzio, che sono in concreto maturate dall’ex coniuge sopravvissuto nei confronti dell’altro ex coniuge, nel periodo che intercorre fra la sentenza parziale di divorzio e la morte di quest’ultimo, prestazioni patrimoniali trasmissibili iure hereditario. Al contempo, l’accertamento del diritto all’assegno, nell’ambito di un giudizio in via principale e a cognizione piena, consente di dare fondamento ai diritti alla pensione di reversibilità e a una quota dell’indennità di fine rapporto.
Senza la prosecuzione del processo, resterebbe la sola sentenza parziale di divorzio, passata in giudicato, che, per un verso, scioglie il vincolo matrimoniale, non offrendo le garanzie che spetterebbero all’ex coniuge in conseguenza del divorzio, e, per un altro verso, essendo la modificazione dello status correlata al divorzio antecedente alla morte, priva l’ex coniuge delle tutele che, viceversa, avrebbe se lo scioglimento fosse stato causato dal decesso.
Ebbene, in merito alla prosecuzione del processo di divorzio, nelle ipotesi sopra richiamate, sussiste un contrasto nella giurisprudenza della Cassazione. Secondo una prima ricostruzione, il procedimento di divorzio deve poter proseguire, permanendo l’interesse dell’altra parte alla pronuncia (Cass. civ., n. 16951/2014). Secondo una diversa impostazione, la morte di una delle parti del processo determinerebbe la cessazione della materia del contendere in ordine alle domande accessorie ancora sub iudice, anche ove avvenisse dopo l’eventuale sentenza parziale di scioglimento per divorzio dello status coniugale, a nulla rilevando il suo passaggio in giudicato (così Cass. civ., n. 4092/2018). Da ultimo, i divergenti indirizzi giurisprudenziali hanno indotto la prima sezione della Corte di cassazione, con l’ordinanza interlocutoria 29 ottobre 2021, n. 30750, a inviare gli atti al primo presidente perché valuti l’opportunità di rimettere l’esame della questione alle Sezioni Unite civili.
Insufficiente motivazione sulla rilevanza: questione inammissibile. Il giudice a quo, tuttavia, senza dare atto del contrasto giurisprudenziale sopra ricordato, ha assunto che la parte reclamante non avrebbe potuto impugnare la sentenza di cessazione della materia del contendere, relativa al giudizio avente ad oggetto l’accertamento del presupposto costitutivo dei diritti previsti dalle norme censurate. Il rimettente, pertanto, non ha dato una spiegazione adeguata del perché debba applicare le norme censurate, determinando un vizio di motivazione sulla rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate: conseguentemente, la carente motivazione sulla rilevanza determina l’inammissibilità della questione medesima.
This was recalled by the Constitutional Court in its judgment no. 25, published on 28 January 2022.
Ex-spouse dies before the allowance is determined: is the right to a survivor’s pension excluded? This ruling stems from the question of the constitutional legitimacy of articles 9 and 12-bis of law no. 898/1970 (Regulations on cases of dissolution of marriage) and of article 5 of law no. 263/2005 (corrective measures in relation to the changes in civil procedure introduced by d. l. no. 35/2005, converted into law by the Italian Republic). l. n° 35/2005, converted, with modifications, by law n° 80/2005, as well as further modifications to the Code of Civil Procedure and its implementing provisions, to the regulations of Royal Decree n° 642/1907, to the Civil Code, to law n° 53/1994, and provisions on the dissolution of marriages. Law No 80/2005, as well as further amendments to the Code of Civil Procedure and its implementing provisions, the regulations under Royal Decree No 642/1907, the Civil Code, Law No 53/1994, and provisions on the right to a survivor’s pension for the divorced spouse), in so far as they do not provide, for the purposes of the payment of a survivor’s pension and a portion of the severance grant, that the requirement of entitlement to a divorce allowance, in the event of the death of the obligor after a partial divorce decree, but before the final determination of the allowance, applies even where there are provisional presidential orders awarding financial benefits to the former spouse.
The case. The divorced spouse had taken legal action requesting the determination of the share of the survivor’s pension and of the share of severance pay due to him. Both requests were rejected on the grounds that she was not entitled to a divorce allowance, since the divorce had been pronounced by a partial judgment, subject to subsequent examination of the financial issues, and the proceedings had ended, however, as a result of the death of the spouse during the proceedings, with a decision to discontinue the matter in dispute, which was not challenged and therefore became irrevocable.
The appellant lodged a complaint, arguing that she had not challenged the decision to discontinue the matter of the dispute on the basis of the settled case-law that, in the event of the death of one of the spouses while the separation or divorce proceedings were pending, the matter of the dispute had ceased to exist and that, therefore, the appellant had not been able to challenge the decision of the Court of First Instance, thus preventing it from becoming irrevocable.
The applicant therefore claimed her right to a survivor’s pension and a portion of the severance grant on the basis of the divorce allowance received, until the death of her former spouse, by virtue of provisional orders of the President of the Court of First Instance, invoking, in the event of the rejection of her application, the infringement of constitutional principles relating to the prohibition of unequal treatment.
The criticisms of the referring court. In the view of the referring court, the legal framework in force prevents the applicant in the main proceedings from being granted entitlement to a survivor’s pension and severance pay in the absence of a judgment establishing entitlement to divorce benefits under Article 5 of Law No 898/1970. In the present case, this condition is not met by an allowance granted on a purely provisional basis by order of the President of the Court, which – according to the applicant – constitutes a breach of the Constitution.
In particular, the legislation in question is contrary to Article 2 of the Constitution in that it makes the solidarity function of the survivor’s pension subject to the existence of merely formal conditions. In addition, there is also a breach of Article 3 of the Constitution on the ground of unreasonable difference in treatment between those in the situation of the complainant in the main proceedings, that is to say, those who are already divorced but not yet in receipt of a divorce settlement, and those who have already obtained a divorce decree or, conversely, those who have not obtained a divorce decree and who still enjoy spousal protection. In other words, there would be a difference in treatment between those who have already obtained a judgment on divorce benefits that has not become final and, therefore, liable to be overturned and those who have obtained a mere presidential order provisionally awarding them benefits.
The Consulta recalls the legal framework. According to Article 9(2) of Law 898/1970, the right to a survivor’s pension arises, along with other conditions, from entitlement to a divorce settlement. The latter, in turn, is justified by welfare and compensatory reasons, which combine, in horizontal relationships, solidarity with the need to balance the effects of shared choices in the conduct of married life. By virtue of this assumption, the right to a survivor’s pension also reflects, from an axiological point of view, a solidarity function (cf. Constitutional Court, n. 419/1999, n. 286/1987 and n. 7/1980), which implies, at the same time, equalization and compensation.
Similarly, under Article 12-bis(1) of Law 898/1970, the claim to a share of the severance pay depends, inter alia, on entitlement to a divorce settlement and is justified by the prevailing equalization-compensation function. The rights to a survivor’s pension and to a share of the severance pay essentially perform functions which, in horizontal relationships between former spouses, reflect constitutional requirements relating to solidarity and the effectiveness of the principle of equality.
In order to avoid that, in proceedings relating to social security claims, involving the bodies responsible for such benefits, questions may arise, by way of incidental findings, concerning the abstract entitlement to divorce benefits, Article 5 of Law no. 263/2005, an authentic interpretation provision, has provided that ‘entitlement to benefits’ must be understood as meaning that the benefits have been recognised by the court pursuant to Article 5 of Law no. 898/1970.
Death of the ex-spouse when the divorce allowance is not yet final: the word of the United Sections. Excluded, therefore, by the legislator from the incidental assessment, the problem arises of cases in which the former spouse dies during the proceedings that have yet to define the right to divorce settlement. In such cases, the continuation of the proceedings serves to enforce the right to the benefits inherent in the divorce allowance, which are actually accrued by the surviving ex-spouse towards the other ex-spouse, in the period between the partial divorce decree and the latter’s death, benefits which are transferable iure hereditaria. At the same time, the establishment of entitlement to the allowance, in the context of a full cognisance main proceedings, makes it possible to establish entitlements to a survivor’s pension and a share of the severance pay.
Without the continuation of the proceedings, only the partial judgment of divorce, which has become final, would remain, which, on the one hand, dissolves the matrimonial bond, not offering the guarantees to which the former spouse would be entitled as a result of the divorce, and, on the other hand, since the change of status linked to the divorce precedes death, deprives the former spouse of the protection that, conversely, he or she would have if the dissolution had been caused by death.
As regards the continuation of the divorce proceedings in the aforementioned cases, there is a contrast in the case law of the Supreme Court. According to a first reconstruction, the divorce proceedings must be allowed to continue, as the other party’s interest in the judgment remains (Civil cassation, no. 16951/2014). According to a different approach, the death of one of the parties to the proceedings would determine the cessation of the matter in issue with regard to the ancillary applications still sub iudice, even if it were to occur after the partial judgment dissolving the marital status by divorce, with no relevance to its becoming final (see Civil cassation, no. 4092/2018). Lastly, the divergent jurisprudential approaches have led the first section of the Court of Cassation, in its interlocutory order no. 30750 of 29 October 2021, to send the documents to the first president to assess the advisability of referring the matter to the United Civil Sections.
Insufficient reasoning on relevance: question inadmissible. The referring court, however, without acknowledging the above-mentioned contrast in case law, assumed that the complainant could not have appealed against the decision to discontinue the matter in issue, relating to the proceedings concerning the assessment of the constitutive prerequisite for the rights provided for by the legislation in question. The referring court therefore failed to provide an adequate explanation as to why it should apply the contested rules, resulting in a failure to state reasons as to the relevance of the questions of constitutionality raised: consequently, the failure to state reasons as to the relevance determines the inadmissibility of the question itself.